[...] un conflitto di interessi insanabile tra ambiente e business. Da un lato gli ambientalisti accusano le multinazionali di inquinare il mondo,
mettere a repentaglio la salute dei popoli e pensare solo ai propri profitti, incuranti del bene comune. C'è del vero in queste accuse.
Da parte loro, le grandi imprese incolpano gli ambientalisti di essere disinformati e incuranti delle realtà commerciali, di ignorare i desideri
delle popolazioni locali e dei governi, che vogliono sviluppo e posti di lavoro, di preferire il bene degli uccellini a quello della gente e di non
riconoscere gli sforzi che le imprese compiono per adottare buone misure ambientali. E c'è del vero anche in queste accuse.
Jared Diamond, Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi, traduzione di Francesca Leardini, tratto da pagina 449
Le grandi imprese non sono organizzazioni benefiche senza fini di lucro, ma entità il cui scopo è il profitto e il cui obbligo è quello di massimizzare
i guadagni degli azionisti, purchè lo facciano legalmente. Secondo le leggi americane, i dirigenti aziendali sono perseguibili se scelgono, in piena
consapevolezza, di gestire l'impresa in modo da ridurne i profitti: così facendo, infatti, vengono meno a un obbligo fiduciario nei confronti degli azionisti.
Nel 1919, gli azionisti della Ford vinsero la causa intentata contro Henry Ford, che aveva aumentato il minimo salariale dei suoi operai fino ai 5 dollari al
giorno: la corte dichiarò che, anche se i sentimenti umanitari di Ford nei riguardi dei suoi operai erano lodevoli, lo scopo della sua impresa era comunque
di procurare profitti agli azionisti.
ibidem, pagina 492
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