quando abbiamo pubblicato la notizia, per altro non nuova eravamo consapevoli che non sarebbe passata inosservata. Ma non per il contenuto in sé, penalmente modesto, quanto per il risvolto politico. Infatti era un periodo di fuochi d'artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi. La Repubblica in particolare si era segnalata con servizi quotidiani su escort e pettegolezzi da camera da letto. Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma contro il premier anche in tivù, oltre che sulla stampa nazionale e internazionale.
Persino l'Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità; data però la provenienza, quei petardi produssero un effetto sonoro rilevante. Nonostante ciò, personalmente non mi sarei occupato di Dino Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato, se non mi fosse stata consegnata da un informatore attendibile, direi insospettabile, la fotocopia del casellario giudiziale che recava la condanna del direttore a una contravvenzione per molestie telefoniche. Insieme, un secondo documento (una nota) che riassumeva le motivazioni della condanna. La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali.
All'epoca giudicammo interessante il caso per cercare di dimostrare che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto.
Vittorio Feltri
Privato?
Privato, Vittorio?
Berlusconi è presidente del consiglio, altro che privato!
Avrò diritto di sapere se, dopo aver slecchinato i preti in tv, Berlusconi sia coerente o vada a troie! Perché, se va a troie dopo aver difeso i valori cristiani e la famiglia tradizionale (ma poteva essere qualsiasi altra cosa), allora è un bugiardo. E non penso abbia senso affidare (cioè dare fiducia) il governo del mio paese a uno che dice una cosa e ne fa un'altra.
Nessun commento:
Posta un commento